La Coppa Italia è stata l’inizio di una corsa straordinaria che alla fine si è conclusa con il triplete. Non ci sarà scudetto quest’anno, e l’esito della difficile partita contro il Manchester City di Guardiola a Istanbul resta un mistero, ma l’Inter porta comunque a casa un trofeo.
All’Olimpico i nerazzurri hanno superato in rimonta la Fiorentina di Vincenzo Italiano per 2-1, con entrambe le reti di Lautaro Martinez, diventato leader indiscusso e icona della squadra dopo aver segnato il 100esimo (e poi il 101esimo) gol del club. Questo è il terzo scudetto in carriera per Simone Inzaghi e il primo della stagione (secondo se si conta la Supercoppa).
La combinazione dei numeri, che sono un po’ consueti, e le lacrime dei giocatori della Fiorentina suggeriscono che questa partita avesse un significato speciale per i toscani in particolare. Che non vanno in finale dal 2014 e cercano un trofeo da più di 20 anni: ci riproveranno presto a Praga grazie alla finale europea di Conference League, ma questa era già una volta per tutte -un’opportunità per tutta la vita per inaugurare la nuova era di Rocco Commisso.
Una partita che la Fiorentina ha giocato da sola, a viso aperto, come gli ideali italiani che l’hanno portata fino a qui, si è presto sbloccata e la sua influenza si è fatta sentire per tutta la serata. Un piano diverso sarebbe stato possibile se non avesse prestato al fianco l’arma più forte dei nerazzurri: le raffiche negli spazi, che hanno scavato il solco nel finale decisivo del primo tempo.

Già, perché la Fiorentina conduceva 1-0 quasi dal primo fischio. Nella prima azione Viola passa in vantaggio grazie a un cross di Ikonè che scavalca tutta la difesa nerazzurra e trova Nico Gonzalez, che batte agevolmente Handanovic.
L’Inter, come da copione, parte in svantaggio e fatica a prendere il via. È goffo e forse semplicemente malizioso; Dzeko si mangia il gol del pareggio dopo essere uscito proprio davanti alla rete. La Fiorentina, però, si tradisce con i propri limiti e con la voglia troppo zelante di vincere questa finale, provando prima il raddoppio e poi giocando una difesa completamente fuori sincrono.
La trappola del fuorigioco si può evitare e Lautaro può liberarsi con un passaggio filtrante in verticale, ma non se lo dimentica. Lasciata la battuta d’arresto e l’ansia alle spalle, l’Inter gioca a pieno regime. Già prima dell’intervallo si fa strada, affiancando Lautaro in un’altra grande dimostrazione di talento e in una spettacolare conclusione dalla distanza, con il solito aiuto di Barella. L’unico lato positivo per la Fiorentina è il ritorno negli spogliatoi.
Nella ripresa i viola cercano un altro elemento di sorpresa partendo subito e mettendo alle strette gli avversari con una serie di cross sui quali Handanovic non appare sicuro come Onana. L’Inter cala, tanto, forse troppo come visto in passato, ma Inzaghi sta iniziando ad affinare questo approccio.

Sembra conservare le sue energie, tenendosi alla larga dalle parti più difficili di una partita sempre più intensa ma mantenendo la fiducia nella sua difesa per portarlo a termine. La Fiorentina sbatte e stringe, ma ci vuole fino al finale per iniziare a fare movimentazioni nitide. Handanovic sfiora l’autogol con una massiccia parata che viene tagliata corta dall’arbitro per una carica poco convinta sul portiere, e poi si riscatta facendo tappa su Jovic, uno dei più grandi giocatori in campo.
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Il serbo ancora una volta sbaglia di testa un semplice bersaglio. Nel quartiere nerazzurro dilaga il panico grazie a Gonzalez e alla partenza regolare di Handanovic. La Fiorentina avrebbe potuto realizzare il suo sogno se avesse portato la partita ai supplementari. Ma li stava sprecando. L’Inter esplode di nuovo in esultanza al fischio finale. Anche se questa potrebbe non essere la finale di coppa più attesa o significativa della stagione, è comunque una coppa.